Rivalutazione dei trattamenti pensionistici per gli anni 2012 e 2013: inutile e ingannevole presentare istanze o ricorsi

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 70/2015, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 24, comma 25, della Legge n. 214/2011 (c.d. Riforma Fornero), nella parte in cui la rivalutazione automatica veniva riconosciuta, per gli anni 2012 e 2013, esclusivamente ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS, con conseguente esclusione delle pensioni di importo superiore a tale limite.

Nel dare attuazione ai princìpi richiamati nella citata sentenza, il Governo ha emanato il Decreto-legge 21 maggio 2015, n. 65, convertito in Legge n. 109/2015, che prevede un meccanismo in grado di garantire, sebbene in misura ridotta rispetto alla precedente disciplina, la perequazione dei trattamenti pensionistici superiori a tre volte e fino a sei volte il trattamento minimo. Tale intervento, che come Associazione dei pensionati non abbiamo del tutto condiviso, ha tuttavia ingenerato numerose iniziative di alcuni sindacati e patronati con le quali si sostiene il diritto, per i pensionati, a ricevere somme maggiori rispetto a quelle già erogate.

Anzitutto, è opportuno precisare che non si può sostenere come incostituzionale la scelta del legislatore del 2015 di rivalutare i trattamenti pensionistici di importo fino a sei volte il trattamento minimo INPS, perché, anche su questo tema specifico, la Corte ha ritenuto legittima la scelta del Parlamento con la richiamata sentenza del 2001, quando in discussione era la legittimità della mancata perequazione dei trattamenti superiori a cinque volte tale soglia minima.

Ed anche in questo caso, la Corte, pur dichiarando incostituzionale la norma, ha demandato al Governo a determinare la misura economica della perequazione. Quindi la scelta del Governo, discutibile sul piano politico è ineccepibile su quello di legittimità.

In ogni caso le sentenze di accoglimento della Corte Costituzionale hanno efficacia nei confronti di tutti, sia per coloro che hanno agito in giudizio, sia per coloro che non si sono adoperati, attraverso istanze o ricorsi, per il riconoscimento di un diritto ritenuto leso.

Pertanto, una (molto improbabile) futura sentenza della Corte che dovesse dichiarare incostituzionale la normativa del 2015, produrrebbe i propri effetti automaticamente su tutti gli interessati, rendendo del tutto inutile, oltre che inopportuno, proporre oggi istanze o ricorsi su una tematica già decisa dal giudice costituzionale e attuata dal legislatore nell’esercizio della sua discrezionalità.

Devono quindi ritenersi infondate e strumentali le iniziative, soprattutto mediatiche e fuorvianti, poste in essere da parte di chi sollecita il pensionato ad inviare all’INPS richieste di risarcimento o di applicazione integrale della Sentenza della Corte costituzionale n. 70/2015, come anche le richieste di aderire a petizioni o raccolta firme.

Si tratta dunque di iniziative ingannevoli sia per i motivi di cui sopra si è detto, e sia perché, peraltro, l’INPS non ha alcuna discrezionalità in merito a decisioni prese dal giudice costituzionale e attuate dal Parlamento: l’Istituto nazionale di previdenza, infatti, in questi casi si limita ad erogare le somme stabilite dalla legge.

Per tutti questi motivi e per non creare in voi false e infondate aspettative, riteniamo pretestuose le iniziative in essere e l’invio di diffide o richieste di rimborsi all’INPS.

Riteniamo infatti che tutelare in modo serio, responsabile e corretto i vostri interessi sia un dovere fondamentale della nostra associazione.

Continueremo, nondimeno, a monitorare l’evoluzione delle problematiche in esame, e non mancheremo di sostenere interventi legislativi diretti a tutelare in maniera strutturale la rivalutazione periodica delle pensioni.

CNA Pensionati 

Aosta, 7 dicembre 2016 

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