Per “gli alimenti, anche confezionati in maniera artigianale, forniti direttamente dal fabbricante di piccole quantità di prodotti al consumatore finale o a strutture locali di vendita al dettaglio che forniscono direttamente al consumatore finale” non sussiste l’obbligo di indicazione in etichetta della dichiarazione nutrizionale. È quanto disposto dal regolamento dell’Unione europea n. 1169/2011, la cui applicazione entra in vigore il prossimo 13 dicembre 2016.
La disposizione si applica pertanto a:
– Alimenti preimballati. Gli alimenti preimballati costituiscono infatti il campo di applicazione del regolamento (UE) n. 1169/2011.
– Alimenti artigianali. Il riferimento agli alimenti artigianali emerge chiaramente nella versione originaria del regolamento che dispone “Food, including handcrafted food, laddove la traduzione italiana, pur essendo stata resa con riferimento al solo confezionamento di natura artigianale (anche confezionati in maniera artigianale) non cambia la sostanza.
– Fornitura diretta. La cessione degli alimenti, senza l’intervento di intermediari, da parte del “fabbricante di piccole quantità di prodotti”, direttamente al consumatore o alle “strutture locali di vendita al dettaglio che forniscono direttamente al consumatore finale” che ricomprendono.
– Fabbricante di piccole quantità di prodotti. Rientrano in tale definizione i produttori ed i fornitori, comprese le imprese artigiane ed agricole, che rispettino i requisiti delle microimprese così come definite a livello comunitario. La deroga include, inoltre, gli alimenti oggetto di vendita diretta ai consumatori a “livello locale” da parte degli spacci aziendali e le forniture il cui valore complessivo non supera la soglia di fatturato prevista per l’identificazione delle microimprese.
– Livello locale delle strutture di vendita. Il concetto di “livello locale”, come previsto dal considerando 11 del medesimo regolamento, deve essere definito in modo tale da garantire la presenza di un legame diretto tra l’Azienda di origine e il consumatore. E’ pertanto esclusa una fornitura che preveda il trasporto sulle lunghe distanze e quindi in “ambito nazionale”. Il “livello locale” può essere identificato, in analogia alle predette Linee guida, “nel territorio della Provincia in cui insiste l’azienda e nel territorio delle Province contermini, ciò al fine di non penalizzare le aziende che si dovessero trovare al confine di una unità territoriale e che sarebbero quindi naturalmente portate a vendere i propri prodotti anche nel territorio amministrativo confinante”.
– Vendita al dettaglio. Per commercio al dettaglio, si intende l’attività svolta da chiunque professionalmente acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende, su aree private in sede fissa o mediante altre forme di distribuzione, direttamente al consumatore finale.
Nella circolare firmata dal Ministero dello Sviluppo Economico e dal Ministero della Salute, vengono di fatto chiariti, fra le altre cose, i due punti più controversi dal punto di vista della corretta interpretazione:
Cosa si intende per “piccole quantità”:
Rientrano in tale definizione i produttori e i fornitori, comprese le imprese artigiane e agricole, che rispettino i requisiti delle microimprese così come definite a livello comunitario. La deroga del punto 19 dell’allegato V include, inoltre, gli alimenti oggetto di vendita diretta ai consumatori a “livello locale” da parte degli spacci aziendali e le forniture il cui valore complessivo non supera la soglia di fatturato prevista per l’identificazione delle microimprese.
Cosa si intende per “ambito locale”:
Il concetto di “livello locale” dev’essere definito in modo tale da garantire la presenza di un legame diretto tra l’Azienda di origine e il consumatore. E’ pertanto esclusa una fornitura che preveda il trasporto sulle lunghe distanze e quindi in “ambito nazionale”.
Il “livello locale” può essere identificato, in analogia alle predette Linee guida, “nel territorio della Provincia in cui insiste l’azienda e nel territorio delle Province contermini, ciò al fine di non penalizzare le aziende che si dovessero trovare al confine di una unità territoriale e che sarebbero quindi naturalmente portate a vendere i propri prodotti anche nel territorio amministrativo confinante”.
E’ chiaro che per chi opera con la GDO, l’obbligo della dichiarazione nutrizionale permane. Inoltre la dichiarazione nutrizionale può essere intesa anche come “vantaggio competitivo” perché consente di confrontare il proprio prodotto, in termini di zuccheri, sali, grassi etc., con altri in commercio e quindi risultare al consumatore migliore rispetto alla concorrenza.
Aosta, 18 novembre 2016